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Azienda sottocapitalizzata: quali i rischi e le possibili soluzioni

L’aspetto finanziario nella gestione aziendale

L’aspetto finanziario ricopre, all’interno della gestione aziendale considerata nel suo complesso, un ruolo di estrema rilevanza. Uno dei compiti prioritari della gestione finanziaria consiste nel costante monitoraggio del livello di indebitamento aziendale, dell’esposizione cioè che l’azienda ha nei confronti di terzi, siano essi istituti di credito che finanziatori diversi.

L’esposizione verso terzi è un aspetto gestionale importante ed estremamente delicato, che deve sempre essere tenuto sotto continua osservazione al fine di verificarne l’effettiva consistenza. Il raggiungimento, infatti, di valori eccessivi potrebbe sicuramente portare dissesti in seno all’azienda, sia da un punto di vista economico (maggiori oneri finanziari) che di struttura finanziaria.

L’analisi del livello d’indebitamento

In alcuni settori economici, il livello di indebitamento può presentare un andamento piuttosto altalenante. Il classico esempio è rappresentato da quelle aziende che operano in settori caratterizzati da forte stagionalità. In tali circostanze, il valore contabile del debito finanziario potrebbe, in determinati periodi dell’anno, non essere significativo e necessiterebbe di una rettifica per verificarne l’esatta consistenza.

La rettifica del debito è un’operazione che assume particolare rilevanza in sede di valutazione d’azienda. Si pensi, ad esempio, ad un’azienda produttrice di giocattoli. Se si dovesse procedere ad una stima del capitale economico della stessa alla data del 31 Dicembre, i risultati della valutazione sarebbero fuorvianti. La nostra azienda, infatti, proprio per le caratteristiche legate all’attività esercitata, concretizza gli incassi delle proprie vendite in ben specifici periodi dell’anno (gennaio ad esempio a seguito del picco di vendite effettuate nel periodo natalizio). Ne consegue, quindi, che i dati di bilancio evidenziano un valore d’indebitamento che non è reale.

Nell’analisi del livello d’indebitamento il problema fondamentale che si deve porre il management aziendale è quello di capire le cause che stanno alla base di un’eventuale incremento di tale valore.

Come detto in precedenza, un eventuale aumento dell’esposizione verso terzi, oltre a diventare un problema sotto l’aspetto economico, potrebbe avere delle ripercussioni sulla struttura finanziaria aziendale.

In tal senso, va detto come un importante e significativo indicatore della struttura finanziaria aziendale è rappresentato dal rapporto Debt/Equity, ossia Mezzi di terzi su Capitale proprio.

Si tratta del più comune indicatore che evidenzia la scomposizione delle fonti di finanziamento. Generalmente, un valore di tale rapporto uguale a 1 indica che esiste una condizione di perfetto equilibrio tra utilizzo di mezzi di terzi ed utilizzo di mezzi propri. Quanto più basso risulta essere tale rapporto, tanto maggiore è il grado di indipendenza finanziaria, dal momento che si fa maggiore ricorso al capitale proprio che a quello di debito. Viceversa, un rapporto elevato evidenzia un’eccessiva dipendenza dai mezzi di terzi per il finanziamento delle attività produttive aziendali e potrebbe costituire un palese sintomo di sottocapitalizzazione.

Il management aziendale deve verificare se il valore dell’esposizione verso terzi si posiziona su livelli fisiologici o meno. Occorre in sostanza verificare il grado di “sottocapitalizzazione” della realtà aziendale.

Va considerato come un’azienda sottocapitalizzata non è quell’azienda che presenta un elevato ricorso al capitale di debito. Il capitale di debito deve esserci in una struttura finanziaria ideale, ma deve essere strutturato in modo tale da essere controbilanciato da un adeguato valore di equity.

Il management aziendale deve sempre fare riferimento all’andamento del rapporto Debt/Equity, tenere quanto più possibile sotto controllo l’andamento di tale rapporto ed essere nelle condizioni di prendere le decisioni necessarie per riallinearlo nel caso in cui la situazione cominci a diventare patologica.

Andiamo quindi a vedere quali possono essere le possibili soluzioni cui può ricorrere il management aziendale per riallineare la soglia di indebitamento aziendale e riportarla su livelli accettabili e fisiologici.

Le possibili soluzioni

Come detto in precedenza,  il management aziendale deve in primo luogo andare alla ricerca delle motivazioni che stanno alla base di eventuali sintomi di sottocapitalizzazione. Diverse possono essere le motivazioni che stanno alla base di tali problematiche.

I motivi infatti possono essere temporanei (nel caso ad esempio in cui si sono verificati ingenti investimenti con un eccessivo ricorso al capitale di debito) o cronici, legati cioè a motivazioni più preoccupanti (problemi legati ad esempio a situazioni di recessione in cui andamenti reddituali negativi compromettono la gestione finanziaria, o ancora problemi legati ad una “poco aggressiva” gestione del Capitale Circolante che comporta un maggior ricorso al capitale di debito). Soltanto dopo aver visionato attentamente la situazione e verificato i motivi che stanno all’origine di tale fenomeno si possono ricercare le opportune soluzioni.

L’aumento di capitale

Possono esistere diverse soluzioni per riallineare la soglia di esposizione del capitale di debito. Di solito la soluzione più drastica che viene messa in atto, e questo soprattutto se la situazione risulta seriamente compromessa, consiste in un intervento da parte dell’azionariato.

Ipotizziamo che la nostra azienda presenti una struttura finanziaria “sottocapitalizzata”. In tal caso, come detto, è bene in primo luogo andare a verificare quali sono state le cause che hanno provocato tale situazione. Se essa ad esempio è stata generata da un ingente esborso per investimenti correlati all’ampliamento del centro di produzione, o all’implementazione di una nuova linea produttiva, allora lo squilibrio potrebbe essere considerato temporaneo e col tempo si potrebbe tornare ad un riassestamento della struttura. Tali considerazioni però possono essere valide solo se condotte contemporaneamente ad un’analisi approfondita su altre variabili. L’azienda opera in un settore in crescita per i prossimi esercizi? L’attività operativa della stessa è sana? Ed inoltre, la politica di capitale circolante messa in atto dall’azienda consente di generare cash tali da ripianare lo squilibrio temporaneo?

Tutta questa serie di domande deve essere attentamente valutata prima di prendere qualsiasi tipo di decisione. Se esistono determinati presupposti, infatti, potrebbe essere non necessario un intervento da parte dei soci. Viceversa, qualora determinate condizioni in precedenza descritte non siano appieno soddisfatte, sarebbe più opportuno procedere ad una “ricapitalizzazione”.

É anche da valutare la tipologia di intervento da parte dei soci. Spesso in determinate circostanze i soci sono poco propensi ad intervenire attraverso il versamento diretto di denaro, ed allora il management aziendale si trova costretto a perseguire soluzioni alternative. Nel caso in cui, ad esempio, la società era solita procedere alla distribuzione di dividendi negli anni passati, si potrebbe prospettare l’ipotesi di una rinuncia a tale politica per un determinato periodo di tempo. I soci solitamente preferiscono rinunciare a dividendi futuri che intervenire nell’immediato attraverso un esborso di cash.

Va detto comunque che l’intervento da parte dei soci, in determinate circostanze, risulta essere il più conveniente. Sicuramente perché è quella tipologia di intervento che avrebbe degli effetti immediati sulla struttura finanziaria, ed in secondo luogo garantirebbe all’azienda al più presto di riequilibrare il rapporto Mezzi di terzi/Mezzi propri e metterebbe la stessa nella condizioni di poter attingere più facilmente, qualora se ne presentasse la necessità imminente, al sistema creditizio. Va detto infatti che uno dei requisiti che le banche o qualsiasi soggetto finanziatore valuta nel concedere denaro consiste nella solidità patrimoniale dell’azienda richiedente. Sostanzialmente se un’azienda è solida vuol dire inevitabilmente che la stessa è affidabile. Esistono a tal proposito diversi parametri per valutare la solidità patrimoniale di una realtà aziendale (Rapporto Indebitamento finanziario/Mezzi propri, Indebitamento Totale/Mezzi propri, Attività a breve/Passività a breve, etc.). Più il patrimonio aziendale è elevato rispetto al debito, più l’azienda, qualora si trovasse in difficoltà finanziarie nell’onorare i suoi impegni, sarà nella condizione di liquidare determinati elementi dell’attivo e superare tali difficoltà.

Intervento sul Capitale Circolante

Nel caso in cui ci si trovi di fronte ad una situazione non tanto compromettente, tale da non richiedere necessariamente l’intervento da parte dell’azionariato, si possono perseguire altre strade alternative.

Una di questa potrebbe consistere nel revisionare la politica di gestione del Capitale Circolante. Ma tutto questo deve essere ben ponderato. In particolare, occorre verificare se sussistono le condizioni per l’azienda per modificare la struttura del proprio circolante. Come abbiamo detto in uno dei nostri interventi passati, la gestione del Capitale Circolante è molto variegata e complessa. Prima di agire sulle variabili relative al circolante (dilazione d’incassi e pagamenti, rotazione di magazzino) occorre verificare la posizione che l’azienda ricopre sul mercato.

Ipotizziamo che la nostra azienda, per ripianare un temporaneo squilibrio della propria struttura finanziaria, decida di intervenire sulla gestione del capitale circolante per crearsi e ritagliarsi una sorta di autofinanziamento che possa riallineare il rapporto Debito/Capitale Proprio portandolo su valori fisiologici. Attualmente, la nostra azienda presenta un Capitale Circolante positivo. La dilazione media annua d’incasso dei crediti commerciali, registrata nel corso degli ultimi 3 esercizi storici, è pari a circa 60 giorni, contro una dilazione media di pagamento accordata dai propri fornitori di circa 45 giorni. La domanda che ci si deve porre in tale contesto è la seguente: è in grado la nostra azienda di contrarre la dilazione d’incasso concessa ai propri clienti o ottenere maggiori dilazioni nel pagamento dei propri fornitori? Tutto questo dipenderà essenzialmente da due fattori: il potere contrattuale dell’azienda, la capacità della stessa cioè di poter imporre le proprie condizioni al mercato, e l’andamento del mercato che deve garantire la messa in atto di tale strategia.

Per quanto concerne il potere contrattuale, è chiaro che se la nostra azienda possiede già una posizione di leader non sarà difficile dettare determinate condizioni. Un’azienda, invece, che non si è ancora affermata, potrebbe sicuramente andare incontro ad evidenti problemi nell’imposizione delle proprie politiche clienti/fornitori.

Un ulteriore fattore da prendere nella giusta considerazione riguarda l’andamento del mercato. Non basta, infatti, che l’azienda abbia potere contrattuale; è necessario che l’andamento del mercato in cui si trova ad operare consenta di mettere in pratica tale potere. Può avvenire, infatti, che l’azienda, sebbene ricopra una posizione di leader e sia in grado quindi potenzialmente di dettare le proprie condizioni, non riesca a sfruttare tale posizione in presenza di situazioni di mercato sfavorevoli. Inoltre, ci sono alcune circostanze in cui l’attività esercitata ed il settore in cui l’azienda opera vietano completamente qualsiasi forma di intervento sul Capitale Circolante. Un riequilibrio della struttura finanziaria attraverso un’accurata gestione del Capitale Circolante, quindi, è una scelta che deve essere fatta prendendo in analisi tutta una serie di variabili di natura reddituale-strategica.

Ridefinizione delle linee di credito

Un’ulteriore strada alternativa da percorrere in situazioni di sottocapitalizzazione potrebbe essere quella collegata ad una ridefinizione delle linee di credito attualmente utilizzate dall’azienda.

In tal senso, il direttore finanziario potrebbe rivedere la composizione delle fonti di finanziamento utilizzate ed optare per un mix che richieda minore esborso in termini di oneri finanziari, con evidente miglioramento in termini di flussi di cassa da poter destinare alla copertura dell’esposizione debitoria e conseguente riequilibrio della struttura aziendale nel suo complesso. Ma tale forma di intervento non avrà sicuramente effetti immediati.

Una condizione che in ogni caso deve essere rispettata, a prescindere dalla scelta che si intende perseguire per riallineare la propria struttura finanziaria, è che l’azienda riesca a far fronte ai propri impegni e sia nelle condizioni di coprire il pagamento degli oneri finanziari, soprattutto nel caso in cui l’esborso per tali oneri sia accentuato da una situazione di squilibrio e di maggiore ricorso al capitale di debito. Questa capacità dell’azienda rappresenta la “solvibilità” della stessa.  Un’azienda risulta solvibile quando è in grado di far fronte agli impegni nei confronti dei propri finanziatori, sia a livello di pagamento di oneri finanziari sia a livello di rientro della quota capitale concessa. In condizioni normali, infatti, i risultati operativi aziendali saranno destinati a tradursi in breve tempo in cassa che sarà destinata al pagamento degli oneri finanziari e della quota capitale da rimborsare. Con l’utilizzo di tali flussi sarà possibile quindi nel tempo procedere all’estinzione del debito o si potrà procedere ad un rifinanziamento senza particolari difficoltà. In tale contesto assumono particolare rilevanza i c.d. indici di copertura (Margine Operativo Lordo/Oneri finanziari, Utile Operativo Netto/Oneri finanziari), il più importante dei quali è sicuramente rappresentato dal rapporto tra Flusso di cassa della gestione operativa/Oneri finanziari, che misura la capacità dell’azienda di generare liquidità in grado di coprire gli esborsi legati alla gestione finanziaria. É importante che il management societario focalizzi la propria attenzione sull’andamento di tali indici, avendo riguardo più che a quelli storici soprattutto a quelli relativi ai periodi previsionali. Va rilevato che soltanto se tali indici permangono costantemente e non marginalmente superiori all’unità il creditore può ritenersi tranquillo sulla solvibilità dell’azienda. É compito quindi del direttore finanziario verificare, attraverso un modello di analisi dinamica, l’evolversi di tali rapporti.

Massimo Simone

Titolare e fondatore dello Studio, è iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano dal 1996. Specializzato in analisi finanziaria e valutazione d’azienda, ha collaborato per diversi anni con importanti società operanti nel settore dell’M&A e dal Novembre 1998 è titolare di uno Studio in Milano. Revisore Legale e membro della Commissione Finanza e Controllo di Gestione dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Milano, è autore di numerose pubblicazioni e trattati in materia di finanza aziendale e di problematiche gestionali.

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