Le immobilizzazioni immateriali nel bilancio civilistico
Le immobilizzazioni immateriali sono iscritte in bilancio alla voce B.I dell’attivo (art. 2424 del Codice Civile) e si suddividono nelle seguenti categorie:
- Costi di impianto e di ampliamento
- Costi di sviluppo
- Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno
- Concessioni, marchi, licenze e diritti simili
- Avviamento
- Immobilizzazioni in corso e acconti
- Altre
Si ricorda come tali poste dovranno essere rilevate in bilancio al netto del fondo ammortamento ed in Nota Integrativa sarà necessario indicare, per ciascuna categoria di immobilizzazione, le movimentazioni intervenute nel corso dell’esercizio
Principi contabili OIC 24 e IAS 38
Il principio contabile nazionale che si occupa delle immobilizzazioni immateriali è l’OIC 24, mentre, per quanto riguarda i principi internazionali, occorre fare riferimento allo IAS 38.
Va rilevato come, a seguito dell’entrata in vigore a partire dal 1 febbraio 2022 della Legge Europea 2019-2020 (Legge nr. 238/2021), sono stati emanati da parte dell’OIC gli emendamenti al principio contabile 24, in conseguenza del recepimento della direttiva contabile europea 34/2013, che saranno applicabili ai bilanci che hanno inizio a partire dal 1 gennaio 2021.
Perché valutare gli asset intangibili?
Molteplici possono essere le finalità nel corso della vita di un’impresa in cui si rende necessaria, o in certi casi obbligatoria, la valutazione degli intangible asset.
Vi sono delle circostanze in cui la valutazione di tali beni immateriali è facoltativa, altre dove diventa obbligatoria per Legge (ad esempio, nel caso di conferimento).
Si pensi alla circostanza in cui deve essere venduto un marchio o un brevetto, o all’ipotesi in cui l’azienda decida di concederli in licenza d’uso. Inoltre, la valutazione dei beni immateriali aziendali può essere richiesta nel caso di operazioni di finanza straordinaria, o per conferire tali beni in una nuova entità o anche per richiedere determinate tipologie di agevolazioni fiscali (patent box).
Una motivazione che può spingere alla valutazione degli asset immateriali può essere dettata dall’esigenza di rilevare adeguatamente il valore di tali attività in bilancio.
La corretta valorizzazione e contabilizzazione di tali asset all’interno dello Stato Patrimoniale di un’impresa è un’operazione che deve essere indubbiamente effettuata, e questo non soltanto per particolari motivazioni, ma soprattutto per attribuire in bilancio l’adeguato valore di un bene che, in diverse situazioni, può rappresentare uno tra i principali, se non addirittura il principale, asset dell’impresa.
Molto spesso, infatti, tali beni non hanno la giusta valorizzazione all’interno dei bilanci aziendali.
Si pensi, ad esempio, ai marchi. Il marchio, rappresenta un intangible asset che solitamente fa parte dell’azienda, ovvero del “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”, il più delle volte non ben evidenziato nella contabilità dell’impresa, ma che esprime le capacità di marketing dell’azienda.
Nella pratica molto spesso si va incontro ad aziende con marchi molto diffusi e con volumi d’affari rilevanti, ma che non hanno contabilizzato nell’attivo patrimoniale il valore del proprio brand o, se contabilizzato, tale asset risulta il più delle volte iscritto a valori che non rispecchiano il reale valore di mercato.
A parte quei casi in cui per esso sia stato pagato un prezzo di mercato per acquisirlo, quindi, esso non trova adeguato spazio tra i conti dell’impresa.
Stesso discorso per quando riguarda, ad esempio, i brevetti ed altre tipologie di beni immateriali.
Metodologie di stima
In dottrina esistono diversi criteri metodologici per la stima del valore degli asset immateriali e nessuno di essi può essere ritenuto valido in ogni circostanza.
In via generale, l’approccio delle metodologie di valutazione è comune per tutte le tipologie di asset immateriali, anche se sussistono però alcune differenze.
Le principali metodologie possono basarsi:
- sulla redditività aziendale: ad esempio, per marchi e brevetti, il metodo del tasso di royalty o il metodo dei redditi differenziali;
- sui costi storici: ad esempio il metodo del costo storico (brevetti), il metodo del costo residuale ed il metodo del costo di riproduzione (marchi);
- su valori di transazioni omogenee (metodi di mercato).
La scelta del metodo più adatto dovrà essere effettuata di volta in volta dal valutatore sulla base di quelle che sono le variabili meglio esprimenti il valore dell’asset immateriale.
Ricorda!
Prima di affrontare qualsiasi processo valutativo, e questo sia in sede di valutazione di un asset immateriale sia in sede di valutazione d’azienda, è fondamentale procedere all’adeguata scelta del criterio di stima da utilizzare. Tale processo è fondamentale ed in tale sede occorrerà prendere in analisi sia quelle che sono le caratteristiche e peculiarità del bene da valutare sia la documentazione messa a disposizione da parte dell’imprenditore.
Il nostro Studio ha elaborato diversi modelli che possono aiutarti nella valutazione dei beni immateriali aziendali, tra cui il modello di valutazione del marchio in Excel, che prende in considerazione l’utilizzo di tre criteri di stima: metodo del tasso di royalty, metodo del costo residuale e metodo del costo di riproduzione.