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La riclassificazione dei valori di bilancio

Gli schemi di bilancio imposti dal Legislatore in ottemperanza alle normative comunitarie non sono completamente significativi e presentano notevoli ed evidenti limiti informativi. Ecco, quindi, la necessità di procedere alla riclassificazione dei valori economici e patrimoniali esposti negli schemi civilistici.

La riclassificazione dei valori di bilancio costituisce il momento iniziale di qualsiasi processo di analisi di bilancio. Essa rappresenta, quindi, una fase estremamente importante e delicata.

Esistono molteplici schemi per la riclassificazione dei valori di bilancio sia per quanto riguarda il Conto Economico che lo Stato Patrimoniale, ciascuno dei quali con pregi e difetti. Non esiste uno schema di riclassificazione preferibile ad altri, ma l’utilizzo di uno rispetto ad un altro può essere dettato da ben specifiche motivazioni (finalità dell’analisi, tipologia di attività svolta, o altro).

Come si vedrà più avanti in maniera maggiormente dettagliata, lo schema di riclassificazione di Conto Economico per “margini operativi” e lo schema di riclassificazione di Stato Patrimoniale c.d. “misto” sono quelli che il nostro Studio utilizza maggiormente nel corso di un’analisi di bilancio. Essi, infatti, più degli altri consentono di avere in modo chiaro ed immediato un primo riscontro sullo stato di salute di un’azienda. Se si va nella sezione Servizi Online per aziende e professionisti del nostro sito è possibile scaricare il Modello di riclassificazione valori di bilancio che consente, una volta inseriti i dati di bilancio IV Direttiva, di estrapolare automaticamente sia i prospetti riclassificati di Conto Economico e Stato Patrimoniale secondo tali schemi (in valore assoluto e percentualizzato), sia un prospetto di sintesi, elaborato sempre automaticamente, che racchiude una sintesi dei parametri economici e patrimoniale-finanziari maggiormente significativi.

BILANCIO IV DIRETTIVA

stato-patrimoniale

riclassificazione-automatica

BILANCIO RICLASSIFICATO

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PARAMETRI ECONOMICI E PATRIMONIALI-FINANZIARI MAGGIORMENTE SIGNIFICATIVI

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Obiettivi e finalità

Obiettivo della riclassificazione è quello di rielaborare i valori esposti nel bilancio d’esercizio in modo coerente ed omogeneo secondo determinati schemi di Conto Economico e Stato Patrimoniale. Attraverso tale rielaborazione sarà possibile ottenere delle informazioni aggiuntive e maggiormente significative circa lo stato di salute dell’azienda analizzata, attraverso l’individuazione di determinati indici e aggregati sia di natura economica che patrimoniale-finanziaria.

Per quanto concerne la serie storica dei dati da utilizzare nel processo di riclassificazione occorre in tal senso fare delle opportune considerazioni. Generalmente sarebbe opportuno avere a disposizione una serie di dati abbastanza estesa (5-10 anni), e questo per analizzare il globale andamento della gestione e verificarne eventuali elementi caratterizzanti (si pensi a fenomeni di ciclicità settoriale). Inoltre, avere a disposizione una lunga serie storica e quindi un quadro più completo ed esaustivo delle caratteristiche e peculiarità dell’azienda in esame, sicuramente tornerà utile anche in sede di elaborazione dello scenario prospettico.

Il processo di riclassificazione risulta essere molto laborioso e richiede per l’analista finanziario una certa mole di lavoro. Proprio in considerazione dei limiti insiti negli schemi di bilancio, sarebbe opportuno riclassificare i dati partendo non dal bilancio IV Direttiva Ce ma da un bilancio di verifica contabile; in tal modo, nonostante un consistente aumento di lavoro, l’analista avrebbe a disposizione i dettagli per ogni tipologia di componente positivo e negativo di reddito e per ogni posta attiva e passiva di patrimonio. In alcune circostanze non si è in grado di avere a disposizione il bilancio di verifica contabile o altri documenti interni aziendali; in tal senso il lavoro di riclassificazione diventa più problematico in quanto bisognerà utilizzare la massima prudenza nell’interpretazione dei valori esposti in bilancio, soprattutto per determinate tipologie di poste.

La riclassificazione dei valori di bilancio

1) E’ una fase molto laboriosa ma decisamente importante

2) Un errore in tale fase potrebbe pregiudicare la significatività dei margini operativi (Mol-Uon) e influenzare negativamente la redazione del business plan ed i valori finali emergenti in sede di valutazione

Gli schemi di Conto Economico

A livello di Conto Economico, generalmente, si possono individuare i seguenti schemi di riclassificazione:

  • Conto Economico a Ricavi Netti e Costo del Venduto;
  • Conto Economico a Valore della Produzione e Valore Aggiunto.

Il primo schema di riclassificazione è evidenziato nella seguente tabella:

Ricavi Netti e Costo del Venduto

ricavi-netti

In tale schema di riclassificazione vengono evidenziate le singole aree in cui si manifesta la gestione aziendale (caratteristica, complementare, finanziaria, straordinaria e fiscale).

Per Costo del Venduto s’intende l’insieme dei fattori produttivi impiegati per l’ottenimento dei ricavi della gestione caratteristica. Tale aggregato è composto da una serie di costi operativi (acquisti beni, variazione magazzino, servizi, personale, ammortamenti, oneri di gestione). La differenza tra i Ricavi, al netto di eventuali sconti ed abbuoni, ed il Costo del Venduto evidenzia un margine molto significativo circa lo stato di salute dell’azienda oggetto di analisi: il Reddito Operativo della Gestione Caratteristica. Sommando algebricamente a tale aggregato il saldo della gestione complementare si arriva alla determinazione di un secondo margine: il Reddito Operativo Aziendale. Successivamente, lo schema di riclassificazione proposto prende in considerazione l’area finanziaria, straordinaria e fiscale fino alla determinazione del Reddito Netto.

Un ulteriore schema di riclassificazione cui si può ricorrere è quello c.d.  “a Valore della Produzione e Valore Aggiunto”. Tale schema si differenzia da quello precedentemente descritto per il fatto che incorpora la gestione caratteristica con quella complementare o accessoria. Al Valore della Produzione ottenuto vengono sottratti i costi esterni operativi e si arriva alla quantificazione del Valore Aggiunto. Successivamente, sottraendo i costi relativi al personale dipendente si determina il Margine Operativo Lordo, elemento come vedremo in seguito importantissimo e che esprime un giudizio significativo circa la capacità dell’azienda di generare risorse al proprio interno. Dal Margine Operativo Lordo viene sottratto il valore relativo agli ammortamenti e si arriva alla determinazione del Reddito Operativo Aziendale. Successivamente viene considerata la gestione finanziaria, straordinaria e fiscale e si arriva alla quantificazione del Reddito Netto. Tale schema di riclassificazione presenti il vantaggio di mettere in luce ed evidenziare i margini operativi più significativi, a differenza dello schema di riclassificazione a Ricavi Netti e Costo del Venduto.

Valore della Produzione e Valore Aggiunto

ricavi

Un altro schema di riclassificazione di Conto Economico a cui si è soliti fare riferimento assume la forma scalare e consente l’estrapolazione di margini intermedi sicuramente utili per una più approfondita conoscenza della realtà aziendale. Esso è impostato in modo tale da evidenziare in maniera separata le varie e molteplici aree in cui la gestione aziendale si viene a manifestare (operativo-gestionale, finanziaria, straordinaria, fiscale).

Conto Economico per margini operativi

fatturato

Il primo aggregato di Conto Economico del suesposto schema di riclassificazione è rappresentato dal Margine di Contribuzione. Tale dato, che evidenzia la capacità dell’azienda di sostenere i costi fissi, consente di esprimere un giudizio sul grado di efficienza della struttura aziendale. Il Margine di Contribuzione è dato dalla somma algebrica delle seguenti voci:

  • Fatturato: include i ricavi derivanti dal core-business aziendale, al netto di eventuali sconti ed abbuoni;
  • Acquisti comprensivi della variazione di magazzino: tale voce ricomprende i costi relativi all’acquisto di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;
  • Costi variabili: in tale voce devono essere ricomprese quelle tipologie di costo che hanno natura fondamentalmente variabile, sia di carattere commerciale che industriale. Per costi variabili si fa riferimento a quei costi il cui andamento risulta essere strettamente correlato a quello del fatturato. Ad esempio in tale voce verranno inclusi i costi relativi ai trasporti, le provviggioni ad agenti e rappresentanti, le lavorazioni esterne, l’energia elettrica destinata alla produzione, etc.
  • Altri ricavi e proventi: tale voce include eventuali altri introiti aziendali non strettamente collegati alla gestione caratteristica dell’azienda (fitti attivi).

Le altre due voci di costo evidenziate nel modello rappresentano per l’azienda dei costi fissi di natura esterna. In particolare, nella posta Oneri diversi di gestione vengono ricompresi una molteplicità di componenti negativi di reddito che generalmente in bilancio ritroviamo sotto la voce “Costi per servizi”. Anche in tal caso è necessario fare ricorso all’esperienza del valutatore per la loro individuazione. I costi relativi al Godimento beni di terzi rappresentano quei costi fissi relativi ad affitti passivi e eventuali canoni di leasing.

Prima di continuare nella descrizione del modello è opportuno fare una breve ma doverosa precisazione. Al fine di non compromettere la significatività dei margini intermedi è di fondamentale importanza individuare le voci di costo da considerare fisse e quelle da ritenere variabili. Dal momento che gli schemi di bilancio non evidenziano tale distinzione, occorrerà fare ricorso alla Nota Integrativa, anche se spesso anche in tale sede è difficile avere una scomposizione adeguata.

In realtà, come detto inizialmente, la cosa migliore da fare per avere una dettagliata specifica circa l’effettiva natura dei costi consiste nel fare riferimento ai singoli mastrini contabili, riclassificando i bilanci partendo da una situazione finale di verifica estrapolata direttamente dalla contabilità generale.

Sottraendo al Margine di Contribuzione i costi fissi esterni descritti in precedenza (Oneri di gestione e Godimento beni di terzi) si arriva ad un ulteriore aggregato: il Valore Aggiunto. Tale margine rappresenta un indice della redditività operativa dell’azienda calcolato prima di remunerare la forza lavoro e il capitale investito (ammortamenti). Sottraendo al Valore Aggiunto i costi fissi relativi al personale dipendente si arriva alla determinazione del Margine Operativo Lordo. Tale margine è un indicatore molto importante, perché esprime un giudizio significativo sulla capacità di generazione di cassa dell’azienda. Come avremo modo di vedere in seguito sul Mol si fonda una delle più diffuse teorie di valutazione.

Sottraendo al Margine Operativo Lordo i costi relativi agli ammortamenti, sia materiali che immateriali, si arriva alla determinazione dell’Utile Operativo Netto. Anche su tale aggregato si fonda una delle più diffuse teorie di valutazione d’azienda.

A questo punto lo schema di riclassificazione prende in considerazione quei componenti positivi o negativi correlati alla gestione finanziaria (interessi attivi/passivi, proventi da partecipazioni) e straordinaria (plusvalenze/minusvalenze patrimoniali, proventi e oneri straordinari in genere) fino ad arrivare all’Utile Ante imposte.

L’ultima area analizzata è quella fiscale, con l’evidenziazione delle imposte sui redditi e dell’Irap.

Occorre tenere presente che sarebbe utile per una maggiore interpretazione dei valori di bilancio riclassificati procedere anche all’impostazione di un modello di Conto Economico costruito in forma percentualizzata. In tal modo sarà possibile quantificare l’incidenza di ciascuna tipologia di costo e dei margini operativi sul fatturato.

Gli schemi di Stato Patrimoniale

Come per il Conto Economico, anche per la riclassificazione dei valori patrimoniali esistono in dottrina schemi differenti. In particolare, alcuni schemi di riclassificazione utilizzano il criterio della pertinenza gestionale delle singole voci di bilancio; in tal senso, quindi, esse verranno distinte a seconda che si riferiscano ad elementi strettamente correlati all’attività operativa o che riguardino invece attività estranee alla gestione caratteristica. Altri schemi fanno riferimento al criterio di liquidità/esigibilità delle voci; secondo tale metodo di riclassificazione, le voci attive e passive dello Stato Patrimoniale vengono riclassificate facendo riferimento alla loro attitudine o meno a diventare liquide o esigibili entro un periodo massimo di dodici mesi.

Un altro schema di riclassificazione di Stato Patrimoniale spesso impiegato viene definito “misto” e rappresenta una via di mezzo rispetto ai modelli classici di riclassificazione; esso, infatti, è strutturato in modo tale che i componenti attivi e passivi siano raggruppati fondamentalmente in base al principio di pertinenza gestionale, ma all’interno dello schema viene anche rispettato il criterio della liquidità/esigibilità delle poste.

In particolare, la parte superiore dello schema farà riferimento a quelle attività e passività di natura operativa, sia correnti che immobilizzate; viceversa, la parte inferiore avrà riguardo alle fonti di finanziamento, comprendendo il Patrimonio Netto e tutti i debiti e crediti di natura prettamente finanziaria, ed in quanto tali quindi generatori di interessi e proventi finanziari. Le poste incluse nel Capitale Circolante Netto hanno natura operativa e presentano una stretta correlazione con la gestione corrente dell’attività caratteristica dell’impresa. In particolare esse riguardano:

  • Crediti commerciali: tale voce comprende i crediti verso i clienti,  al netto di eventuali fondi svalutazione, e i crediti verso altre società controllate o collegate di natura commerciale;
  • Debiti Commerciali: tale voce comprende i debiti verso fornitori e verso società collegate e controllate se sono di tipo commerciale;
  • Rimanenze;
  • Fondo T.f.r.;
  • Altre attività/passività operative: questa voce ricomprende quelle poste attive e passive relative a voci prettamente operative (ratei, risconti, debiti per Iva e altri debiti tributari correnti, debiti verso Istituti di previdenza sociale, debiti verso dipendenti).

Una voce che potrebbe suscitare qualche considerazione è costituita dal Fondo T.f.r.

In tal senso la posta relativa al Trattamento di Fine Rapporto rappresenta per l’azienda una posta di debito sicuramente non a breve termine, in quanto il verificarsi dell’uscita monetaria è sicuramente proiettata nel tempo. In realtà, considerato che il modello di riclassificazione è suddiviso in funzione della natura delle singole poste patrimoniali, non possiamo non considerare il Tf.r., e quindi il costo del lavoro, una posta non operativa e per tale motivazione lo includiamo tra le passività operative anche se di lungo periodo.  Al di fuori del Capitale Circolante Netto vanno incluse quelle attività fisse strumentali (materiali, immateriali e finanziarie) ed in via generale quelle poste di natura non onerosa (che non generano proventi o oneri finanziari). Si giunge alla determinazione di un ulteriore aggregato, il Capitale Investito Netto, che rappresenta il volume degli impieghi presenti in azienda.

Schema di riclassificazione di Stato Patrimoniale “misto”

crediti-commerciali

Nella seconda parte dello schema di Stato Patrimoniale vengono evidenziati le fonti di finanziamento a cui l’azienda fa ricorso per finanziarie i propri impieghi. Tali fonti possono essere interne (Patrimonio Netto) ed esterne (Debiti finanziari). In particolare, l’aggregato finale Debito/Credito finanziario Netto rappresenta la situazione finanziaria dell’azienda ad una certa data ed è dato dalla somma algebrica delle attività e passività finanziarie. 

Il Rendiconto Finanziario

Lo schema di Rendiconto Finanziario non è imposto da alcuna norma legislativa, ma viene considerato uno strumento importantissimo e validissimo per procedere ad una corretta impostazione della gestione finanziaria.

Il modello di Rendiconto esposto nella tabella seguente è stato costruito per saldi di credito/debito finanziario netto. Esso mette in evidenza tutti quegli accadimenti di natura monetaria, positivi o negativi, che comportano variazioni, nel corso del periodo di riferimento considerato, al credito/debito finanziario netto.

Il Rendiconto Finanziario per saldi di debito finanziario netto, se costruito in maniera corretta, riesce ad esprimere sinteticamente quali sono gli impatti finanziari connessi ai vari accadimenti della gestione aziendale e permette di rapportarli a quelli relativi ad altri periodi di riferimento o di confrontarli con quelli di altre aziende.

Il primo dato da prendere in considerazione come flusso positivo è rappresentato dal Margine Operativo Lordo, che esprime la capacità dell’azienda di generare risorse al proprio interno. Esso è dato dalla differenza tra ricavi e costi operativi.

Il Rendiconto Finanziario

debito-finanziario

In realtà, in considerazione del fatto che nel Rendiconto Finanziario vanno incluse soltanto le movimentazioni attive o passive di natura prettamente monetaria, occorre procedere ad una rettifica di tale valore; spesso infatti per esigenze di riclassificazione di Conto Economico, esso comprende anche delle poste di natura puramente contabile quali il T.f.r. o, se presente,  l’accantonamento al Fondo svalutazione crediti. In realtà, in sede di riclassificazione dei dati economici, tali poste vengono incluse nel Margine Operativo Lordo dal momento che le stesse vengono considerate a tutti gli effetti dei costi di natura operativa.

Al valore del Margine Operativo Lordo, inoltre, dovrà essere sommata la variazione del Capitale Circolante Netto. Si arriva così ad un primo aggregato rappresentato dalFlusso di cassa della gestione corrente”. A tale flusso andranno sottratti i flussi negativi legati ad investimenti tecnici (per immobilizzazioni materiali o acquisto di partecipazioni di natura operativa) ed in attività immateriali o eventualmente aggiunti quei flussi positivi legati ad eventuali dismissioni di attività tecniche. Tale valore solitamente è riportato nella Nota Integrativa del bilancio. Si arriva così ad un secondo aggregato rappresentato dal “Flusso di cassa della gestione operativa”, detto così perché comprende tutti quei flussi di cassa che hanno riguardo ad elementi operativi in seno all’azienda. Il Flusso di cassa della gestione operativa rappresenta il flusso di cassa effettivamente generato o assorbito dall’attività operativa e che è disponibile per remunerare il capitale proprio (attraverso i dividendi) o il capitale di terzi (attraverso gli oneri finanziari). Il Flusso di cassa della gestione operativa è considerato un aggregato di grandissima importanza ed è alla base dei metodi finanziari di valutazione del capitale economico aziendale. A tale aggregato viene aggiunto il flusso positivo legato a proventi finanziari, mentre vengono sottratti i flussi negativi connessi al pagamento degli oneri finanziari e di eventuali dividendi ed il flusso per il pagamento di imposte effettivamente sostenuto nel corso del periodo di riferimento considerato.

Per quanto concerne le imposte, nel rendiconto finanziario occorre prendere in considerazione l’effettivo esborso per imposte, e non quelle di competenza dell’esercizio.

Per quanto concerne i dividendi, il valore da ricomprendere in tale voce riguarda l’esborso effettivamente sostenuto dall’impresa per la distribuzione di dividendi agli azionisti.

Sottraendo o aggiungendo, quindi, al Flusso di cassa della gestione operativa, gli esborsi o gli introiti derivanti dalla gestione finanziaria, gli esborsi di natura fiscale (relativamente alle imposte sul reddito e all’Irap) e quelli derivanti da un’eventuale distribuzione di dividendi, si arriva al “Flusso di cassa della gestione ricorrente”. Tale voce rappresenta il flusso di cassa generato o assorbito dagli accadimenti aziendali che tendono a ripetersi con frequenza in ogni esercizio. A tale valore verranno sommati/sottratti quei flussi positivi o negativi che presentano la caratteristica della discontinuità e della non ricorrenza, quali quelli derivanti da operazioni sul capitale o acquisizioni/cessioni di attività patrimoniali non operative o altro.

Per quanto riguarda gli aumenti di capitale, va considerato nel Rendiconto Finanziario l’incasso ottenuto dall’azienda in seguito all’aumento di capitale sociale sottoscritto ed effettivamente versato dagli azionisti; viceversa, andrà considerato come flusso negativo l’eventuale distribuzione di riserve.

Aggiungendo quindi al Flusso di cassa della gestione ricorrente, gli introiti derivanti da eventuali aumenti di capitale sociale intervenuti nel periodo di riferimento considerato ed aggiungendo/sottraendo il saldo derivante da acquisizioni/cessioni di attività patrimoniali non operative e da eventuali sopravvenienze attive/passive ed in genere da altri accadimenti non ricorrenti (si deve trattare sempre di flussi monetari), si giunge alla determinazione del Flusso di cassa totale. Tale valore rappresenta il flusso che nel corso del periodo di tempo considerato porterà, se positivo, ad una riduzione o aumento rispettivamente del debito o credito finanziario netto di inizio periodo, se negativo, ad una diminuzione del credito finanziario o ad un aumento del livello di indebitamento. Esso, infatti, sottratto al credito/debito finanziario netto iniziale determinerà il valore del credito/debito finanziario netto di fine periodo.

RICORDA 

Quale peso attribuire al processo di riclassificazione dei valori di bilancio?

Non considerare mai scontato e semplice il processo di riclassificazione, ricordandosi sempre che tale fase rappresenta la base essenziale per qualsiasi tipo di analisi di bilancio. In tal senso, quindi, è necessario dedicare a tale operazione tutto il tempo necessario che la stessa merita.

Come comportarsi nella scelta dello schema di riclassificazione?

Occorre individuare quello schema, sia sotto il profilo economico che patrimoniale, che maggiormente si adatti alle caratteristiche e peculiarità dell’azienda oggetto di analisi. Si consiglia, inoltre, di dettagliare quanto più possibile le voci nello schema di riclassificazione adottato qualora ciò possa essere significativo al fine di un’interpretazione efficace dello stato di salute dell’impresa.

Massimo Simone

Titolare e fondatore dello Studio, è iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano dal 1996. Specializzato in analisi finanziaria e valutazione d’azienda, ha collaborato per diversi anni con importanti società operanti nel settore dell’M&A e dal Novembre 1998 è titolare di uno Studio in Milano. Revisore Legale e membro della Commissione Finanza e Controllo di Gestione dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Milano, è autore di numerose pubblicazioni e trattati in materia di finanza aziendale e di problematiche gestionali.

“Si riesce a fare vera consulenza solo quando si è in grado di soddisfare a pieno le reali richieste ed esigenze del cliente.
La soddisfazione del cliente e la sua totale gratificazione vengono a rappresentare saldi ed indissolubili punti di riferimento per lo Studio nell’ottica del perseguimento di una politica di qualità”.

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